lunedì 19 ottobre 2009

tecnicismi sub specie anglica

forestierismi

xenismi

Nei documenti prodotti da Reti, RMA e Running c'è un ricorso assai frequente a termini ed espressioni di derivazione anglosassone.

Nelle aziende italiane, del resto, questa è un'abitudine assai diffusa.

Follow up, recall, business, supportare (da to support), team, gap, briefing, feedback, sono termini che usiamo correntemente, di cui - per il solo fatto di lavorare in un ufficio e non nei campi, all'aria aperta con una zappa in mano (e tanto ne avremmo a guadagnare) - non sappiamo fare a meno.

Nell'ambito della linguistica, numerosi studi hanno approfondito l'analisi della percezione e del prestigio sociale dei termini tecnico-scientifici, ed è stato osservato che i sottocodici hanno riempito il vuoto storico che si è creato nel repertorio dell’italiano contemporaneo, in conseguenza del declino in cui versa il modello della lingua letteraria, per secoli varietà di prestigio e norma indiscussa della lingua scritta (cfr).

Si potrebbe aggiungere che spesso, l'uso smodato dei termini inglesi nelle aziende italiane, ha lo scopo di riempire anche il vuoto culturale di certi manager (ecco appunto) o aspiranti tali. Ma questo non è il nostro caso.

Ai fini del lavoro che mi è stato richiesto di svolgere, mi pare utile rintracciare una soluzione stilistica che non richieda un cambiamento radicale del linguaggio che tutti noi utilizziamo quotidianamente, ma che al tempo stesso individui una serie di buone prassi (e non best practices) linguistiche, quantomeno nei documenti scritti, indirizzati ad un pubblico esterno.

Facendo un po' di ricerche in giro per la rete, scopro che è possibile rintracciare (cit.) "tre diversi livelli di convivenza tra gli anglicismi e i corrispondenti italiani:

1. Il primo livello potremmo chiamarlo di convivenza pacifica, laddove i due termini coesistono più o meno alla pari;
(questo è comprensibile: non dimentichiamoci che nella lingua scritta c'è la necessità di ricorrere a sinonimi più frequentemente di quanto non accada nella lingua parlata, l'uso di un termine inglese spesso ha questa funzione, ad es. manager/dirigente)

2. il secondo vede la prevalenza della soluzione inglese su quella italiana, senza che ciò abbia una motivazione evidente: si tratta del comportamento prevalente nella stampa che tende a privilegiare l’anglicismo;
(nel nostro caso ciò potrebbe avere un senso poichè spesso trattiamo temi presenti nell'agenda del sistema mediatico)

3. il terzo livello vede il dominio quasi assoluto dell’anglicismo, dovuto all’assenza o alla scarsa praticabilità dell’alternativa italiana."
(ma è davvero così, o la nostra è solo pigrizia?)

In base a questi pochi elementi si potrebbe cominciare una riflessione sull'uso dei tecnicismi sub specie anglica che utilizziamo nella stesura dei documenti del Gruppo.

Ho estrapolato dai documenti di Reti RMA e Running 35 termini ed espressioni inglesi che riporto in ordine sparso.

Mi chiedo: quali tenere? quali eliminare senza remore? quali è possibile tradurre?

1. agenda setting
2. desk
3. target
4. team building
5. grassroot
6. rumors
7. redirect
8. networking
9. corporate
10. output
11. feeling
12. affairs
13. concept
14. decision makers
15. opinion leader
16. public speaking
17. lobbying
18. focus group
19. governance
20. one-to-one
21. post
22. street-poll
23. ghost writing
24. public
25. stakeholders
26. speaking opportunities
27. position paper
28. leadership
29. net reputation
30. field
31. relations
32. viral
33. testimonial
34. trend
35. issue


Intervista a Tullio de Mauro:
Gli anglicismi? No problem, my dear

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